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Le malattie delle vene

Abbiamo visto a grandi linee come funziona la circolazione degli arti inferiori; potremmo affermare che le nostre gambe sono fatte per camminare, e che le teniamo in salute solo se lo facciamo regolarmente. Nessun altro mammifero soffre di vene varicose, e questo probabilmente per due ragioni: la prima, che la pressione nelle vene delle gambe dipende dall'altezza della colonna di liquido che sta sopra (pressione idrostatica), ed è quindi maggiore nella stazione eretta; la seconda, che nessun altro animale resta fermo in piedi, o in posizione seduta, così a lungo come noi umani.

La malattia venosa cronica

L'insufficienza venosa è la conseguenza della perdita (o assenza, nelle rare forme congenite) dell’efficienza delle valvole venose, quelle "a nido di rondine" di cui abbiamo già parlato. Il danno valvolare può essere legato a rare forme di agenesia o lassità costituzionale, oppure a conseguenze di fenomeni trombotici, ma nella grande maggioranza dei casi è un fenomeno progressivo che innesca una specie di circolo vizioso.

L'aumento della pressione venosa, e quindi capillare, provoca una trasudazione di liquido nei tessuti circostanti, che normalmente viene riassorbito dal sistema linfatico; quando però questo fenomeno è protratto nel tempo innesca una reazione infiammatoria, che da un lato "intasa" la capacità di riassorbimento del sistema linfatico, e dall'altro provoca la produzione locale di sostanze che danneggiano la parete venosa rendendola ancora più permeabile e

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soprattutto meno elastica.

L'elevata pressione all'interno della vena innesca quella che viene chiamata "reazione da stress di parete": in seguito allo "stiramento" si riduce l'apporto di ossigeno delle pareti venose; l'endotelio, ossia il foglietto più interno della parete, produce sostanze, le citochine, che attirano in sede i leucociti e attivano una reazione infiammatoria con produzione eccessiva di enzimi proteolitici, ossia enzimi che distruggono le proteine strutturali della parete venosa. A questo punto, le pareti venose indebolite dall'azione degli enzimi divengono gradualmente meno elastiche e più cedevoli, le vene si dilatano in modo progressivo, le valvole diventano incontinenti perché le cuspidi non riescono più a venire in contatto: il circolo vizioso è diventato irreversibile. Si è sviluppata così quella che viene definita insufficienza venosa, o malattia venosa

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cronica, o ancora malattia varicosa. 

Le sue manifestazioni cliniche possono essere molto variabili, ma sono generalmente progressive, ossia non compaiono improvvisamente.

Il segno che più spesso insospettisce i pazienti è la

comparsa di dilatazioni venose a livello delle gambe; esistono anche delle classificazioni, che a seconda del grado di dilatazione (dei capillari, delle piccole vene superficiali o delle più grandi vene tributarie) stratificano la gravità della malattia venosa. Ma le dilatazioni venose superficiali sono solo una delle possibili manifestazioni di malattia venosa.

Fra i sintomi più precoci e frequenti troviamo la sensazione di "gambe pesanti", soprattutto dopo una lunga giornata in piedi, o nei periodi più caldi; questo fastidio tipicamente si attenua camminando o rinfrescando le gambe o ancora sollevandole. Altri sintomi frequenti sono crampi, formicolii, prurito o sensazione di "morsa" alle caviglie; nelle fasi più avanzate dell'insufficienza venosa, le caviglie iniziano a gonfiare, inizialmente la sera e con il caldo, per poi diventare edematose durante tutta la giornata; la cute diventa meno elastica e di colore più scuro, fino ad ulcerarsi nei casi più gravi. Non bisogna però trascurare altri sintomi che non vengono facilmente messi in relazione con la malattia varicosa.

Parliamo dei dolori pelvici o delle cistiti frequenti, così come delle emorroidi: tutti questi possono essere segnali di un aumento della pressione venosa a livello addomino-pelvico, e vanno approfonditi per escludere che possano esserci cause di compressione o varicosità pelviche.

La malattia trombo-embolica

Viene definita malattia tromboembolica la formazione di coaguli di sangue all'interno del sistema circolatorio. Nella grande maggioranza dei casi il trombo si forma a livello delle vene degli arti inferiori o della pelvi, ma può originare in qualsiasi distretto venoso; a volte una parte del trombo può staccarsi e migrare nel torrente circolatorio: in questo caso si parla di tromboembolia.

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La formazione di un trombo ha cause riconducibili essenzialmente a tre alterazioni predisponenti, descritte nella cosiddetta "triade di Virchow" (dal nome del patologo che per primo studiò a fondo l'argomento): stasi, alterazione della parete del vaso e ipercoagulabilità. Sappiamo che nelle vene dilatate il flusso ematico è rallentato (stasi), è quindi facile dedurre che in caso di vene varicose ci sia almeno uno dei fattori predisponenti alla trombosi; inoltre a livello delle valvole danneggiate si formano zone di flusso

alterato molto localizzate, che facilitano ulteriormente la formazione di coaguli. Se a ciò si aggiunge una lesione della parete del vaso (ad esempio in caso di traumi), avremo nella zona danneggiata un fattore di rischio aggiuntivo per lo sviluppo di una trombosi. Il caldo eccessivo e la disidratazione possono rallentare ulteriormente il flusso attraverso la vasodilatazione e l'aumento di viscosità del sangue. Anche la posizione seduta immobile per molte ore, come accade per esempio nei lunghi viaggi in aereo o in auto, può aumentare il rischio di trombosi in soggetti predisposti. Per tutti questi motivi, giova ripeterlo, è importante muoversi spesso e bere adeguatamente. E non fumare! Perchè, cosa c'entra il fumo?

E qui entra in causa il terzo fattore predisponente, ossia l'ipercoagulabilità. Si tratta di qualsiasi condizione in cui il sangue abbia una maggiore tendenza a coagulare. Fra le cause possiamo trovare alterazioni genetiche che portano a squilibri della cosiddetta cascata coagulativa, ma abbiamo tutta una serie di cause acquisite che facilitano la formazione di trombi: fra queste per esempio la disidratazione, ma anche malattie infiammatorie o infezioni gravi, interventi chirurgici, tumori, assunzione di ormoni, e, guarda un po', il fumo di sigaretta. Attenzione quindi

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soprattutto a non associare più fattori predisponenti: in caso di malattia varicosa, se dovessimo aggiungere immobilità, disidratazione, assunzione di pillola estroprogestinica o fumo aumenteremmo di molto il rischio di trombosi. Ma quali possono essere i segnali di allarme? Una trombosi a livello delle gambe può manifestarsi con edema che insorge rapidamente, dolore simile a quello di un crampo o di una morsa, arrossamento della cute. Se si tratta di una tromboflebite può comparire sulla pelle un cordone duro e dolente, di colore rosso, in corrispondenza del decorso di una vena. In caso di insorgenza di questi sintomi è bene eseguire in tempi rapidi un esame ecografico, meglio se presso uno specialista che sarà anche in grado di prescrivere immediatamente la terapia.

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